Irene e Marco sono appena tornati da una cena a casa dei loro amici che li hanno invitati per inaugurare il nuovo appartamento. Prima di andare a dormire, c’è la biancheria da stendere e i due lo fanno insieme. O meglio, lo fanno, per così dire, in squadra: Marco prende i panni e li passa a Irene che poi li appoggia sulle grucce in modo da limitare le pieghe. Lui fa ‘il piccolo’ non perché non sappia stendere, ma perché a Irene riconosce la supremazia conquistata con il master in Eliminazione Precoce delle Pieghe e non si lamenta. Non lo fa mai. Di sicuro non davanti a lei.

«Certo che – dice Irene, sbuffando – ci servirebbe una casa più grande.»

«O anche solo una organizzata meglio.» – risponde Marco guardando il corridoio, gigante e inutile, che occupa solo spazio.

«Meglio come?»

«Meglio: in modo più logico.» – dice mentre pensa che senza tutti quei corridoi, per esempio, sarebbe tutt’un’altra casa.

«Ah be’… Ci vuol poco. Magari con una lavanderia…» – ribatte lei, che intanto si destreggia tra i divani Chester e il tavolo ovale allungabile. In cinque minuti ha sbattuto tre volte. A furia di botte, sarà tutta un livido, povera ragazza… Del resto lo spazio è poco, troppo poco, per non finire contro qualche spigolo. E non perché Irene sia sovrappeso, affatto, ma solo perché in quella casa sono arrivati anche i mobili della sua povera zia, da poco passata a miglior vita. «Le cose si accumulano.» – dice poi sopra pensiero, tra una riflessione e l’altra «E questo stendibiancheria è ancora bellissimo, ma è diventato troppo grande.»

«Hai ragione. Rispetto a quando siamo entrati qui – dice Marco – Abbiamo un sacco di mobili, forse troppi, ma mi è appena venuta un’idea… Molla lo stendino.»

Lei guarda lui. Lui guarda lei. Lui riguarda lei e lei appoggia la camicia di lui sul Foppapedretti di legno.

Un’ora più tardi, Marco e Irene sono a letto con le luci abbassate.  Per terra ci sono i vestiti di entrambi. Non li hanno piegati, non li hanno appoggiati: li hanno solo tolti. Marco e Irene non hanno nemmeno finito di stendere i panni ma ai due non importava perché la frenesia era troppa. Non riuscivano a resistere. Non potevano: dal momento esatto in cui uno dei due ha detto “E se ne cercassimo un’altra” non sono più riusciti a trattenersi e sono filati di corsa in camera per andare a vedere, per iniziare a cercare.

Alle due e trenta del mattino, con gli occhi che si chiudono e la batteria dell’iPad che sta per mollarli, Marco e Irene hanno appena deciso che cercheranno una casa nuova.

Dalla mattina successiva, la ricerca ha effettivamente inizio. Eppure, due anni dopo quella sera, Marco e Irene sono ancora nello stesso letto, dentro la stessa casa. 

Per i primi tre mesi, Marco e Irene hanno passato il 90% del loro tempo libero (da svegli) sui portali di annunci immobiliari, o a visitare case, o a parlare con agenti, o ad aspettare di essere richiamati. Per i successivi quattro-cinque mesi, sono andati avanti imperterriti, anche se con sempre meno entusiasmo. Di case, appartamenti, loft e semi-loft, seminterrati accatastati come abitazioni “ma è un attimo a cambiare”, mansarde e sottoscala, ne hanno visti a dozzine ma non sono riusciti a trovare nulla che rispondesse alle esigenze di entrambi e fosse, contemporaneamente, a portata delle loro risorse.

Quando l’immobile piaceva a lei, non andava bene per lui. E viceversa. Quando faceva contenti entrambi, era troppo lontano dal budget. Quando era nel budget, era in una zona terribile, invivibile o, peggio, irrivendibile.

Così, di settimana in settimana, un mese dopo l’altro, la frenesia di Marco e Irene legata al sogno di avere una casa nuova si è prima trasformata in noia, e poi in supplizio. E prima che diventasse qualcosa di peggio, si sono resi conto che andare a vedere una casa era un tormento. Quasi una punizione. Così, alla fine, hanno rinunciato e sono rimasti dov’erano, cioè scomodi, cioè insoddisfatti… cioè in una casa che non li fa felici.

Cosa è andato storto?

Possono essere molte le cause che li hanno allontanati dalla realizzazione del loro sogno, ma la prima su tutte è che Marco e Irene non avevano un piano.

>> In che senso un piano? – ci chiede Marco, live from the novel.

Un piano, cioè una traccia che quindi tracci – meglio se nero su bianco – le linee guida per trovare la casa giusta. In pratica un progetto.

>> Perché serve un progetto?

Perché comprare un immobile è per molti un’impresa titanica. Anzi, lo è per tutti: compresi quelli che li comprano e poi vendono per mestiere e se, prima dell’acquisto, ancora prima della ricerca, non c’è un piano preciso, le energie si disperdono. Le risorse e l’entusiasmo se ne vanno e il tempo, così come il sogno di trovare la casa giusta, finisce nel cestino.

Se prima della ricerca non ‘è un piano preciso,

le energie si disperdono.

 

>> E come si fa ad avere un piano?

Si comincia con le domande. Ci si chiede perché e poi per chi e una volta risposto a queste due, si passa al come.

>> Perché cosa?

Perché vuoi una casa? Qual è il tuo obiettivo? Che aspettative hai? Per quanto ti piacerebbe restarci? >> 

>> Okay, capito, il perché è facile, ma lo è ancora di più il “per chi” visto che è per me, per noi…

Sì, ma con chi ci vivrai? Che bisogni hai tu e che bisogno ha Irene? E i figli? E il cane? (o il gatto? o il Tamagotchi?)

>> Visto che è un piano, e considerando che si parla di soldi, mi state dicendo che in pratica dovrei scrivere una specie di business plan?

Qualcosa di simile, che contempli, nell’ordine:

  • il vostro WHY, quindi i sogni;
  • il vostro WHO, quindi voi e i vostri bisogni;
  • il vostro HOW: cioè le vostre priorità.

E poi che metta in relazione questi tre cardini (WHY, WHO, HOW) con le risorse che avete/avrete a disposizione.

>> Non sembra facile.

Se lo fosse, non servirebbero i Property Finder…

 

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